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Di seguito, la nota sull’intervento del presidente della Provincia Sergio Abramo al convegno

organizzato dalla Cisl dal titolo “Calabria: tra disoccupazione, emigrazione giovanile e migrazione
sanitaria, quali prospettive per il futuro?”:

“La gente vuole sentire rassicurazioni sul futuro dei propri figli, tutto il resto viene dopo. L’unico
modo che ha la Calabria per uscire da questo stato di degrado è far partire il sistema di produzione e
per farlo va esaminato il mercato interno. Noi non produciamo niente e non dobbiamo aspettare
l’aiuto da parte dello Stato, ma crederci tutti insieme perché l’impegno di uno o di pochi non può
bastare per vincere una battaglia così ambiziosa e perché le difficoltà da affrontare e da superare
non sono per niente poche o semplici.
Dobbiamo pensare a cosa si può fare partendo da noi stessi e dalle nostre forze per vivere da
protagonisti il disegno di rilancio del Sud. Dobbiamo agire nella consapevolezza che il rischio che
possiamo correre è una profonda crisi sociale dettata dalle diseguaglianze, dalle scarse aspettative,
dalla povertà crescente, dalla paura di investire e di acquistare. Non possiamo continuare ad
acquistare tutto dal Nord. Oggi fare impresa non vuol dire solamente investire, ma soprattutto
riuscire a vendere il prodotto il giorno dopo. Se riusciamo a salvaguardare il mercato interno, chi fa
l’investimento è assolutamente protetto dalle agevolazioni esistenti.
Ringrazio la Cisl che ha avuto il coraggio di organizzare un convegno su questo tema perché le
famiglie calabresi sono stanche di sentire solo parole, senza proposte concrete. Partiamo dal dato
che riguarda l’esigenza che in Calabria ci siano 250 mila nuovi posti di lavoro. Abbiamo bisogno di
imprese, ma qualcuno ha idea di quanti soldi occorrano per avviarle? I mercati sono già tutti maturi
e se un giovane in Calabria ha voglia e possibilità di aprire un’impresa deve concorrere con quelle
del Nord che sono sul mercato magari da trent’anni. Vogliamo parlare di sanità? Sappiamo che
spendiamo 320 milioni di euro per l’emigrazione sanitaria. Ma il problema si potrebbe risolvere
semplicemente se i medici facessero i medici e non i direttori generali, come spesso capita, perché
gestire un’azienda è un altro mestiere. La politica non può e non deve entrare nella nomina e nella
scelta dei primari perché solo la loro eccellenza e la loro professionalità può impedire l’emigrazione
sanitaria. Parlando ancora di sanità, voglio evidenziare che ogni cittadino calabrese percepisce circa
400 euro in meno all’anno rispetto a un abitante del regioni autonome, disattendo ogni forma di
equilibrio tra le aree del Paese. Se moltiplichiamo questo dato per 2 milioni di abitanti, ne esce fuori
che la Calabria rispetto ad altre regioni d’Italia percepisce 800 milioni di euro annui in meno. E’
una cosa, questa, che sanno tutti ma non basta. Dobbiamo unirci alle altre regioni del Sud e
partecipare al tavolo Stato-Regioni per fare sentire la nostra voce. Se passiamo ad analizzare i soldi

che si sono spesi negli ultimi vent’anni per la ricerca, senza che sia andato nulla in produzione, il
quadro generale non migliora. Si deve fare più ricerca, ma bisogna che ci sia sempre un legame con
il mondo produttivo. Ogni giorno assistiamo ad attacchi di bassissima rilevanza e i grossi problemi
spesso camminano indisturbati sulla nostra testa. Il voto è importante e tutti noi abbiamo una grossa
responsabilità nel momento in cui ci rechiamo ad esprimere la nostra preferenza. Dobbiamo
scegliere amministratori validi e competenti. In tutta onestà, non penso che qualcuno possa guardare
al reddito di cittadinanza come a un provvedimento salvavita, che risolverà tutti i problemi della
disoccupazione esistenti nel Mezzogiorno. E’ per questo che rimango fermamente convinto che la
Calabria debba attrezzarsi autonomamente, iniziando a difendere il proprio sistema produttivo
interno. Solo attraverso un tavolo di concertazione al quale dovranno partecipare tutti gli attori del
vivere sociale, possiamo sperare di dare una risposta a tutte le famiglie che se l’aspettano. Mettiamo
un punto fermo, partiamo dal sistema produttivo della Calabria”.

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